Giovambattista Ciardi-Poccetti
«Da tessitore a scultore
“... che lavorava eccellentemente Crocifissi di legno”»

Nella devozione cattolica un particolare oggetto rappresenta un potente simbolo per quei fedeli che di fronte a esso vogliono contemplare e adorare l’essenza stessa della Chiesa. Si tratta del crocifisso, soprattutto quello scolpito, passato attraverso l’arte e la storia tramite infiniti stili e misure: piccolo, monumentale, di legno, d’avorio, d’oro o d’argento, di resina sintetica o altro ... e che, bello e armonioso di forme , ha avuto i suoi artisti meritevoli di ricordo.
Tra questi “crocifissai”, ha un posto d’onore Giovambattista Ciardi, vissuto tra cinquecento e seicento, fratellastro di Bernardino Poccetti († 1612), pittore assai stimato dai colleghi e dai frati della SS. Annunziata, che gli commissionarono 14 lunette nel Chiostro Grande e la decorazione di ambienti di chiesa e convento.
Giovambattista fu prima tessitore e poi eccellente maestro dell’arte dei crocifissai; e tuttavia non ha oggi una biografia importante, essendo poche le notizie su di lui: quelle di Filippo Baldinucci (1624-1697, Notizie de’ Professori ...) e delle matricole dell’Accademia del Disegno ... O almeno fino ad ora, perché in questo finire del 2022, ne ricorda i fatti della vita e le opere il libro di Antonio Palesati Da tessitore a scultore “dico quel Gio. Batista, che lavorava eccellentemente Crocifissi di legno”, collana “Harmonia mundi”, edizioni de “La Parola per Strada”, Firenze, stampato con il contribuito del Consiglio Regionale della Toscana e della chiesa di Santa Lucia sul Prato.
Si tratta di uno studio nato da una precedente ricerca dell’autore sul crocifisso proprio di Santa Lucia sul Prato, quasi ‘naturalmente’ ampliata con notevoli e successivi spogli di archivio. Ciò nonostante, non è stato facile condurlo a termine, in quanto – scrive Palesati – “estremamente laborioso a motivo della scarsa visibilità degli artefici Ciardi ... sfuggenti alle varie transazioni delle consorterie cittadine, ai proprietari di immobili in cui essi alloggiarono e ai Padri conventuali della chiesa in cui si trovava il sepolcro di famiglia, rivenduto a motivo delle spese insostenibili che quell’onere comportava”.
Le notizie che appaiono nel libro però raggiungono lo scopo che l’autore si era prefisso, ampliando notevolmente la biografia di Giovambattista che nacque a Firenze il 6 febbraio 1565, da Piero di Biagio tessitore e da sua moglie Maria. In età adulta sposò Caterina di Zanobi Bertini e con la famiglia abitò nella parrocchia di San Pier Gattolino (via Romana), presso il portone delle Monache di Annalena, e successivamente in via del Ronco, quasi dirimpetto. Ebbe dal matrimonio i figli Gostanza (1588), Piero (1599), frate Minore Osservante di Ognissanti, Margherita (1601), Innocenzo (1603), Agnola (1606) e forse due bambine di nome Maddalena (1589 e 1594) ma documentate in una parrocchia diversa.
Venne anche ritratto dal fratellastro Bernardino una prima volta tra le figure del grande affresco Gesù accoglie l’anima di San Bruno (1592-1593) sulla parete di fondo dell’altare maggiore della chiesa di San Lorenzo alla Certosa del Galluzzo; poi nel dipinto a olio su tavola la Madonna con il Bambino e Santi (Adorazione dei pastori) del Museo del Cenacolo di San Salvi proveniente dalla chiesa di Santa Elisabetta delle Convertite a Firenze; e una terza volta in devoto atteggiamento nell’affresco del Sacrificio del profeta Elia situato nella parete laterale destra di una cappella del convento di Santa Maria del Carmine, poi albergo popolare fiorentino.
Per quanto riguarda la sua arte di crocifissaio fu autodidatta. Così il Baldinucci:

“Di professione tessitore, il quale trovandosi già avanti coll’età, messesi a fare di proprio genio e capriccio piccoli crocifissi di legno di fico, e senz’avere atteso al disegno, arrivò a fargli così bene, che Bernardino stesso ne restava meravigliato”.

In realtà, qualche aiuto, forse come apprendista, dovette riceverlo dalla bottega di intagliatori di Bernardo del Riccio (1598) crocifissaio a San Pier Gattolino e suo ‘vicino di casa’; e dovette anche prendere spunto artistico dall’ambiente fiorentino e in particolare dall’iconografia del Cristo in croce dipinto dal giovane Francesco Curradi (1570-1661) nel 1600.
Scolpì comunque i crocifissi a partire dagli anni ‘90 del cinquecento. Una delle sue prime opere si trova nella sagrestia della chiesa di San Michele Arcangelo del convento domenicano di San Tommaso d’Aquino a Foiano della Chiana, acquistata dal suo priore a Firenze gli inizi del secolo XVIII.
Un altro lavoro a lui riferibile invece è nella sagrestia di San Marco, appeso sulla parete di fondo. Ed anche nella chiesa di San Pier Gattolino, il Crocifisso appeso alla parete della modesta sagrestia aperta al locale della soppressa Compagnia dei Vigilanti è riconducibile a Giovambattista e anche a un suo secondo stile d’intaglio.

Dopo queste opere, l’autore del libro ricorda altri lavori importanti nella sezione I crocifissi grandi. Inizia con il restauro del Crocifisso di Michelangelo Buonarroti del 1607 e le opere di Santa Maria a Novoli, di San Michele a Castello e della Madonna del Desco a Rifredi.
Continua poi con i Crocifissi di Badia a Passignano, di Panzano in Chianti e di Santa Lucia sul Prato (“la più distinta opera” e documentata), con il volto del Cristo munito di baffi e barba su sequela forse degli esemplari pittorici di grido del momento, quelli del Caravaggio.
I Crocifissi degli ultimi anni invece sono quelli conservati nel Museo di Casa Martelli, in San Domenico di Fiesole, nel monastero di Santa Marta, nella chiesa della Madonna della Tosse, nell’oratorio del Crocifisso a Pitigliano, in San Lorenzo alla Certosa del Galluzzo, nella Buca di Sant’Antonio, a San Marco a Firenze, nella chiesa dei Santi Maria e Leonardo a Artimino.
Ma del Ciardi-Poccetti – scrive Palesati – forse fu anche in parte il Cristo bronzeo del Museo degli Argenti di Palazzo Pitti attribuito da altri con qualche dubbio a Felice Palma. E pare gli appartenesse pure un disegno di Crocifisso a penna e punta d’argento conservato nella Biblioteca Marucelliana.
Le opere dell’artista avviato verso i settanta anni non sono note. Il Baldinucci nella Vita del pittore Giovanni Mannozzi da San Giovanni (1592-1636) lo dice ancora al lavoro dopo il 1629:

... “E non è da tralasciare, come egli [Giovanni], obbligato da quel male, non uscire di casa, teneva in sua compagnia Gio. Batista Poccetti, fratello del celebre Bernardino: dico quel Gio. Batista, che lavorava eccellentemente crocifissi di legno del quale altrove abbiamo parlato. Questi pure pativa dello stesso male di Giovanni; e così stavasi appresso di lui intagliando le sue figure, e ponendo intanto con esso a vicenda le mani ora al pennello, ora allo scalpello, ed ora a certi fiaschi di buon vino, che pure facevano loro conversazione, a dispetto delle gotte”.

I due artisti morirono entrambi nel 1636 a quasi un mese di distanza l’uno dall’altro e furono sepolti nella chiesa di San Pier Gattolino.

Dopo la biografia e le opere di Ciardi l’autore riporta nel libro delle sostanziose note e quattro appendici che sono:
1) La ricerca delle proporzioni tra ‘500 e ‘600. Ludovico Cardi Cigoli (Cigoli 1559-Roma 1613): fuga dalla «grande maniera» e visione di una prospettiva cosmica.
2) Intorno all’attività di Giovambattista – con trascrizione dei documenti: Buontalenti, Giulio e Maddalena di Bastiano Bernini, Compagnia dei Tessitori, Badia a Passignano, Girolamo Savonarola.
3) Dalla biografia di Giovambattista: Edificazione di San Pier Gattolini e Giovambattista Ciardi affittuario delle monache di Annalena.
4) La famiglia Ciardi-Poccetti.

Da p. 209 l’autore riproduce le foto dei crocifissi citati. Sono pezzi preziosi che rendono agevole ammirare la bravura dell’artista e fanno comprendere la devozione che questo tipo di sculture ha avuto e ha ancora nelle nostre belle chiese.

Paola Ircani Menichini, 16 dicembre 2022.
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