San Michele a Firenze e nel 'contado'
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FIRENZE
In ricordo della gioventù


I FIORENTINI E L'AVE MARIA
del p. Raffaele M. Taucci


Da L’Ave Maria a Firenze: ... "Una preghiera tanto cara e tanto ripetuta da tutti …”
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GADIO ALLE FESTE DI SAN GIOVANNI (FIRENZE 1514)

Stazio Gadio, mantovano, a Firenze il 24 giugno 1514, di sabato ...
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MEDICI E ASBURGO
A MONTESENARIO

Da Pratolino all'eremo dei Servi di Maria ripristinato da Ferdinando I ...
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SACRE COMMEDIE
E TIPOGRAFIE

Dal “Journal of Early Modern Studies”, n. 8, pp. 69-132, il saggio di Paola Ventrone Acting and Reading Drama: Notes on Florentine sacre rappresentazioni in Print ...
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LA MANO DIVINA
E LO STILE

Nel 1592 Francesco Bocchi pubblicò Sopra l’imagine miracolosa della Santissima Nunziata di Fiorenza, opera che ebbe gran fortuna all’epoca .Ne ha scritto Thomas Frangenberg in The style of the divine hand ...
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LA POESIA DI PROSPERO TATTI
IN LODE DELLA SS. ANNUNZIATA

Prospero Tatti fiorentino fu poeta in lingua toscana e latina vissuto tra Cinque e Seicento. I suoi versi negli Annali dell'Ordine ...
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FIRENZE PRO ANIMA
'LA LEMOSINA CHE SPEGNE
IL PECCATO'

Siamo nell’ambito delle indagini sulla mentalità e la sensibilità religiosa nel tardo medioevo ...
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IL TERREMOTO
E L'ANNUNZIATA (1558)

Nell’aprile 1558 si verificò in Toscana uno spaventoso terremoto il cui epicentro fu tra le colline del Chianti ...
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GLI ANNI 1798-1801 A FIRENZE
DA UNA CRONACA
DELLA SS. ANNUNZIATA

Gli anni che vanno dal 1798 al 1801 nella cronaca di un manoscritto inedito della SS. Annunziata ...
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ANTONIO DE LEYVA
A SAN DIONIGI (MILANO)

Antonio de Leyva, principe di Ascoli, marchese di Atella, conte di Monza, fu il primo governatore del ducato di Milano ...
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RICCIO VERSUS MONTORSOLI
ARTISTI A CORTE
NEL CINQUECENTO

Fu uno degli uomini più potenti in Toscana: il “maggiordomo” sacerdote Pierfrancesco Riccio ..."
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LE IMMAGINI DI S. MICHELE
ALLA SS. ANNUNZIATA

(da un articolo del periodico La SS. Annunziata, n, 2, 2000) ..."
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LEONARDO, DANTE
E LO SPIRITO ASCENDENTE

Leonardo da Vinci – l’Insigne Pittore – e Dante Alighieri – il Sommo Poeta –, ebbero in comune alcune concezioni filosofiche ...
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I CANTORI CIECHI DI FIRENZE

Il musicista tedesco Wilhelm Christian Mueller (1752-1831) nelle sue Lettere ricordò nel 1821 i cantori ciechi di Firenze. Erano per lui poeti improvvisatori ...
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IL GIUBILEO DELL'ANNO 1300
GIOVANNI VILLANI, DANTE ALIGHIERI E ...
LA GIOVANNINA DI PORTA DI BALLA

Un articolo del p. Eugenio Casalini pubblicato nel Periodico del Santuario all’inizio del Terzo Millennio. Il tema è il Giubileo del 1300 ...
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UN FIGLIO DI MONNA LISA IN UNA NOTA DELL'ANNUNZIATA

Alcune note d’archivio inedite sulla famiglia della Gioconda-monna Lisa Gherardini ...
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FUOCHI NEL MAGGIO 1590

Le feste a Firenze. Una lettera del 12 maggio 1590 dell’ambasciatore di Venezia a Firenze Giacomo Gerardo ...
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IL BEL PROFILO DI UNA DOLCE MADONNA DI DONATELLO

Nell’osservare le rappresentazioni della Madonna con il Bambino non sfugge in certe opere la bellezza, o meglio, l’amabilità dei sentimenti espressi.
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LE SEPOLTURE DI COSIMO E DELLA FAMIGLIA ROSSELLI
ALLA SANTISSIMA ANNUNZIATA DI FIRENZE

Il libro «Cosimo Rosselli. Tre restauri» edito a cura dell’Accademia delle Arti e del Disegno ...
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SAN MICHELE A FIRENZE
E NEL 'CONTADO'

Fonti bibliche
Daniele, 10, 13-14, 20: « ... Ma il principe del regno di Persia [l’angelo che vigila sulla Persia; ogni regno ha il suo angelo] mi si è opposto per ventun giorni: però Michele, uno dei primi principi [protettori della Giudea], è venuto ad aiutarmi, ed io l’ho lasciato là presso il principe del re di Persia, ed ora sono venuto per farti intendere ciò che avverrà al tuo popolo alla fine dei giorni, poiché c’è ancora una visione per quei giorni» ... Allora mi disse: «Sai tu perché io sono venuto da te? Ora tornerò di nuovo a lottare col principe di Persia, poi uscirò, ed ecco verrà il principe di Javan [di Grecia]. Io ti dichiarerò ciò che è scritto nel Libro della Verità. Nessuno mi aiuta in questo se non Michele, il vostro principe ...».
Lettera di San Giuda [fratello di San Giacomo], 9, 10: Ora, l’arcangelo Michele, quando col diavolo si disputava il corpo di Mosè, non ardì pronunziare contro di lui un giudizio ingiurioso, ma disse: «Ti punisca il Signore!». Costoro, mentre oltraggiano tutto ciò che ignorano, si corrompono poi in quelle cose, che, come gli animali irragionevoli, naturalmente sanno.
Apocalisse, 12, 7-9. Ed avvenne una battaglia nel cielo, e Michele e i suoi angeli combatterono contro il Dragone. Anche il Dragone e i suoi angeli combatterono ma non vinsero, e non fu più trovato il loro posto nel cielo. E il gran Dragone fu precipitato, il serpente antico, che si chiama Diavolo e Satana, che seduce il mondo intero. Fu precipitato sulla terra, e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.
Apocalisse, 8, 3-4. L’angelo si fermò presso l’altare del tempio, recando nella sua mano un turibolo d’oro; e gli fu data una gran quantità d’incenso; e il fumo degli aromi ascese al cospetto di Dio.

Le feste di San Michele
Secondo l’attuale calendario liturgico il 29 settembre ricorrono i Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Nel vecchio calendario invece detto giorno era dedicato solo a San Michele, mentre gli altri avevano la propria data rispettivamente il 24 marzo e il 24 ottobre.
Il 29 settembre come giorno sacro solo a Michele si trova già ricordato nel V secolo, ed era la dedicazione della basilica omonima situata al VII miglio della via Salaria (Castel Giubileo, Roma). Una seconda ricorrenza, l’8 maggio, fu istituita per celebrare la vittoria navale dei longobardi di Siponto (Manfredonia) avvenuta nel 663 per intercessione dell’arcangelo. Sempre l’8 maggio del 492 o 494, San Michele apparve sul Gargano, dove fu fondato un santuario (Monte Sant’Angelo). Nel 709, in modo simile, venne edificato il santuario di San Michele di Normandia (Mont Saint Michel), da dove il culto si diffuse nell’Europa settentrionale.
Nei secoli successivi la devozione all’arcangelo crebbe ancora e fu praticata da ogni ceto sociale e nei luoghi più comuni. In un Registro di Entrata e Uscita (REU 1286-90) della SS. Annunziata di Firenze si parla delle feste dell’arcangelo di settembre e di maggio come scadenze di due contratti annuali fatti dai Servi di Maria con il barbiere Bindo e il lavoratore Grazia.
A Milano era consuetudine di far scadere i contratti di affitto il 29 settembre per cui, fare San Michele significava mutare alloggio, sgomberare la casa (in altri luoghi d’Italia si diceva fare San Martino).
Nelle campagne San Martino in terra e San Michele in cielo erano invocati contro i demoni. Fino al Novecento l’arcangelo veniva raccontato nelle veglie nei casolari e un suo intervento invocato nelle chiesette isolate o nelle cappelline cimiteriali.
Altra testimonianza del culto si trovava nella montagna appenninica, dove tutto il mese di settembre rappresentava un periodo di intensa sacralità con la celebrazione della Natività della Vergine (8), dell’Esaltazione della Santa Croce (14) e di San Michele (29) che chiudeva idealmente l’estate e invitava a prepararsi all’antico rito della transumanza degli animali a svernare al piano.
L’uso di questo ‘viaggio’ scomparve anch’esso nel secolo scorso, avendo le stalle di montagna impiantato il riscaldamento e resa inutile la ricerca di luoghi temperati prossimi al mare. Oggi sugli Appennini l’allevamento è limitato qualche piccola impresa biologica. Tuttavia non molto tempo si poteva vedere presso l’autostrada della Cisa vicino al passo, i banchi dei venditori di formaggio di pecora, ultimi eredi di un mondo oggi diventato quasi misterioso.

Liturgia e iconografia
La liturgia romana attribuiva a San Michele una duplice funzione.
Era innanzitutto guida delle anime al cielo, come tutti gli angeli (detti per questo psicopompi). Lo ricordano le tradizioni antiche delle religioni pagane e gli insegnamenti dei rabbini che Gesù confermò nella parabola di Epulone e dell’anima di Lazzaro portata dagli angeli nel seno di Abramo. In rapporto a questo incarico, negli affreschi medievali fu spesso rappresentato con una bilancia fra le mani, per la pesatura delle anime. Uno dei piatti conteneva l’anima da giudicare, sotto forma di bambino ignudo; l’altro serviva per valutare le opere malvagie e veniva sollecitato dal diavolo affinché la bilancia piegasse dalla sua parte.
Ma San Michele fu anche il difensore del popolo cristiano. Nella Scrittura ha il ruolo di capo delle milizie angeliche che combattono contro il demonio per difendere il corpo di Mosè o la Vergine. Nella lotta con il drago adombrava l’eterno combattimento del bene con il male. Nel medioevo veniva rappresentato in abito da soldato, con la corazza, la spada, e nelle immagini più antiche, con la clamide purpurea imperiale e il globo nell’altra, simbolo della sovranità di Dio espressa tramite il suo grado di comandante delle milizie celesti.

Per quanto riguarda alcune immagini di San Michele legate alla liturgia, in un antifonario del secolo XIV della SS. Annunziata, è dipinta una miniatura che lo raffigura a decorare la lettera L all’inizio dell’antifona Locutus est (ad Patres nostros = come aveva promesso ai nostri Padri). L’arcangelo è presentato in modo non tradizionale (l’atterramento del demonio), ma con i canoni dei colti insegnamenti ebraici secondo i quali Michele era propriamente il regolatore dell’ordinamento divino, teneva i libri del cielo, eseguiva i verdetti del tribunale celeste, interpretava i misteri divini e altro. Nella miniatura indica con la mano sinistra e con la destra regge il libro di Dio. Veste una tunica azzurra, un mantello rosso e sul capo ha una corona rossa.
Nei tempi successivi al medioevo la solenne celebrazione della festa decadde di pari passo con il cambiamento della società. Tra Cinquecento e Seicento si evidenziò soprattutto la sua relazione con la Vergine secondo il libro dell’Apocalisse. Inoltre si stavano affermando modelli di santi più «umani» e meno simbolici, dediti, secondo le esortazioni del Concilio di Trento e della Riforma Cattolica, alla pratica della carità verso l’infelice, all’insegnamento ai fanciulli, al sodalizio religioso, alla morale e alla protezione delle famiglie.

San Michele aveva un gallo
Il giudizio sulle anime e la separazione dei buoni dai malvagi fu un attributo anche del dio pagano Hermes-Mercurio. In un’antica gemma, risalente a un’epoca ignota e riportata nel Dictionnaire d’archéologie chretienne, Mercurio viene rappresentato con il gallo accanto alla parola Michael (v. Cattabiani, Calendario, 298).
In un rilievo dell’antica Grecia si vedono due viventi che offrono un gallo e un fiore alla coppia dei morti raffigurati in misura di eroica grandezza.
E forse è da attribuire a queste lontanissime tradizioni la strofa di una canzoncina che inizia: San Michele aveva un gallo / bianco rosso verde e giallo ...
Anche in una preghiera di San Ambrogio (Aeterne rerum Conditor) si descrive con grande spiritualità il risvegliarsi della natura (e della coscienza) al canto del gallo, annunciatore di luce di vita, gioia per l’anima, separatore, come San Michele, del mondo delle tenebre da quello luminoso: ... Luce notturna ai viandanti, / che fa albeggiare la notte, / il messaggero del giorno già canta / ed evoca il raggio del sole.

Gli oratori dedicati
Il cavaliere, la morte e il drago, furono esemplari espressioni dello spirito germanico. Da qui la grande diffusione del culto a San Michele presso i popoli del nord e nei luoghi d’Italia dove essi abitarono.
La devozione interessò le città e i castelli di campagna con chiese ed oratori edificati al tempo dei longobardi (VII-VIII secolo) che, di indole guerriera, videro in lui il potente protettore del loro popolo e portarono nelle battaglie lo stendardo con la sua effigie. Soprattutto in campagna molti di questi fabbricati si collocarono presso i luoghi strategici ed ebbero come promotori dei monaci o dei preti “missionari”, cioè dediti ad un nuovo apostolato nell’Italia in profonda crisi dal punto di vista cattolico oppressa da barbari pagani e da eretici ariani.
Purtroppo i secoli medievali sono detti “bui” perché non ci sono resti o carte a rischiararli. Così degli oratori di campagna non è documentata la genesi e tanto meno la storia. Spesso sono ricordati da solo un nome e la ricerca su di essi può avvalersi solo di fonti indirette quali la toponomastica, la presenza nella zona di un castello di origini remote, di un cafaggio (corte longobarda recintata) e di altre chiese prossime intitolate a San Martino, San Donato e ai santi tipici del tempo dei germani.

San Michele a Firenze e nella diocesi
La maggior parte delle chiese e dei monasteri di Firenze dedicati a San Michele appartennero ai monaci o alle monache di regola benedettina.
Ricordiamo, esistente già prima del Mille, la prioria di San Michele Bertelde (piazza Antinori) detta anche dei diavoli perché queste figure si vedevano raffigurate sotto i piedi dell’arcangelo nella tavola d’altare. La chiesa prese il nome, pare, da una famiglia che aveva le sue case nei dintorni. Nel 1553 passò ai monaci Olivetani e nel 1593 alla congregazione dei Teatini dalle calze bianche (da qui il secondo titolo di San Gaetano) che la tenne fino al 1783. La nuova chiesa, iniziata da Matteo Nigetti nel 1604, fu definita nelle forme attuali con l’intervento di Gherardo Silvani, a spese del cardinale Carlo dei Medici (una data sulla facciata ricorda il 1645).
Altra antichissima chiesa cittadina fu San Michele Visdomini (via dei Servi), abbattuta per far posto alla cattedrale, ricostruita e ristrutturata nel XIV e XVI secolo, e, dal 1552 al 1782, officiata dai monaci Celestini. Prese il nome dai vicedomini che furono gli amministratori del vescovo. La carica con il tempo divenne ereditaria e poi cognome di famiglia.
Anche San Michele in Palchetto (piazza Santa Elisabetta) è considerata di origine longobarda. Nel 1059 fu concessa alle monache benedettine di San Ambrogio. Poi divenne cura secolare e nel 1517 affidata ai Preti della Visitazione che la ribattezzarono Santa Elisabetta. Fu distrutta nel Settecento. Nel Codice Rustici (sec. XV) è raffigurata insieme ad una torre detta della «Pagliazza», riportata in luce dopo dei recenti restauri.
Anche San Michele in Orto (Orsanmichele) fu sede di un monastero di monache benedettine nell’VIII secolo. Nel Dugento la Repubblica vi costruì sopra la notissima Loggia del Grano e nel secolo successivo un nuovo Orsanmichele in luogo della loggia bruciata nel 1304.
L’ultima chiesa dedicata all’arcangelo è citata dal Richa nelle Notizie Istoriche (tomo VII): ebbe nome di San Michele in Poggio e di essa non sappiamo altro.

Nella zona suburbana di Firenze, soggetta direttamente alla cattedrale, si trovavano le chiese (e il paese) di Sant’Angelo a Legnaia in prossimità della via Pisana; il monastero vallombrosano di San Salvi eretto nel 1048 e la sua chiesa dedicata all’arcangelo; San Michele alle Campora (nella zona del Galluzzo presso la via Volterrana), dove ebbe sede un monastero femminile, detto alle Romite, fondato da monna Data di ser Benci nel 1357 e soppresso nel 1446 da papa Eugenio IV.
San Michele a Monteripaldi, in Vald’Ema, fu anch’esso un monastero femminile dipendente della cattedrale. Nel secolo XII aveva accanto uno spedaletto. L’etimo del nome lo vuole come monte di Atripald, un signore longobardo dalle ignote vicende. Che sia appartenuto a questo popolo è testimoniato linguisticamente anche dalla p di pald, perché in gotico o in franco sarebbe stata una b, cioè bald.

Nel contado fiorentino, tra i monasteri, notissima fu l’abbazia benedettina di San Michele a Marturi (Poggibonsi), alla quale il 12 luglio del 970 il marchese Ugo fondatore offrì molti beni in Toscana e nel modenese. Il luogo era indubbiamente strategico perché si trovava all’incrocio della via che da Firenze andava a Roma (la via Romana) e della via Francigena, con l'itinerario più a occidente, diretta sempre alla Città Eterna.
Altra chiesa importante fu la pieve di Montecuccoli tra le valli del Bisenzio e della Sieve verso Barberino di Mugello. Nel 990 era ricordata con il titolo di San Michele e San Ierusalem ed aveva come succursale San Martino ad Ariano (da arianus, cioè eretico ariano).
Di origine longobarda sembra possa ritenersi anche San Michele alla Rocca o vero Foresta e San Michele a Campanaro nella pieve di Misileo nell’alta Valle del Senio, che era zona di confine del territorio fiorentino con Faenza e quindi con i territori nemici dell’Esarcato di Ravenna. Nella zona era pure ricordata dal Catasto la chiesa di San Apollinare a Castelpagano il cui titolo risentiva di influenze bizantine (cfr. le chiese omonime di Ravenna), in un luogo abitato appunto dai pagani. Comunque dovettero essere molto antiche anche le chiese a San Michele del Mugello prossime a Sant’Agata (che fu venerata dai goti) e a Barberino (da barbarus). Altro esempio sono le chiese della pieve di San Giovanni a Petroio (da pretorium) che era poco distante da Cafaggiolo (v. il cafaggio-corte longobarda), sede poi di una bella residenza medicea.

Le chiese dedicate a San Michele nel Catasto del 1427
Un repertorio inedito del Catasto del 1427 riporta le numerose chiese dell’arcidiocesi fiorentina dedicate a San Michele ancora presenti all’epoca. Sono:
Sant’Angelo a Rovezzano (succursale della pieve di Ripoli), San Michele a Tegolaio, a Quarata, a Gamberaia (tutte e tre nella pieve di San Maria dell’Antella), a Mezzano (Impruneta), Sant’Angelo a Vicchio di Val di Greve (cioè a Vico l’Abate, pieve di Campoli), San Michele ad Argiano (Decimo), Sant’Angelo a Nebbiano, San Michele a Casaglia e in Vincola (tutte e tre nelle pieve di San Piero in Bossolo), a Polvereto (San Pancrazio in Val di Pesa), a Montecorboli (San Donato in Poggio), a Ponzano (San Appiano di Barberino Vald’Elsa), San Michele a Casaglia (pieve di Santa Maria di Poggibonsi), Sant’Angelo a Semifonti (San Gersolé), San Michele a Monte (San Lazzaro di Vald’Elsa), a Montalbino, a Trivoli, a Magliano, alle Sodera con San Quirico, a Monte unito con San Iacopo da Trecento (tutte nella pieve di San Pietro in Mercato, Monterspertoli), a Mezzano, a Quarantola, a Sforzano (Celiaula), a Vallecchio e come cappella in San Lorenzo (Castelfiorentino), a Torri unita con San Lorenzo (Sugana di Val di Pesa), Sant’Angelo a “Empoli vechio”, San Michele a Pontormo, a “Legnaia”, a Cortenuova (tutte e quattro nella pieve di Empoli), a Bracciatica (San Ippolito di Val di Pesa), come canonica a Castiglione (San Vincenzo a Torri in Val di Pesa), a Ponte a Sieve e a Compiobbi (entrambe nella pieve di San Giovanni a Remole), a Sant’Angelo a Strada (Doccia verso Pontassiese), a “Rabiacanina” o Castelvecchio, a Pitiana (Botena in Val di Sieve), ad Aglioni lega di Vicchio (San Casciano in Padule in Val di Sieve), alla Rocca o vero Foresta, a “Chapanata” (entrambe nella pieve di Misileo nella Valle del Senio), a Monte di Firenzuola (Rimaggiore), a Casa Nuova (Rio di Cornacchiaia nella Valle del Santerno), a Cintoia e a Montecarelli (San Gavino Adimari in Val di Sieve), pieve di San Michele a Montecuccoli, Magliano (Ruffignano in Val di Bisenzio), a Lucigliano e Lugliano (entrambe nella pieve di Petroio in Val di Sieve verso Barberino), a Lezano, a Carza e Lomena (tutte e tre nella pieve di San Piero a Sieve), alla Rocca (Sant’Agata di Mugello), a Ferrone (Fagna di Mugello), a Ronta e Figliano (San Giovanni Maggiore di Mugello), la cappella di San Michele nella pieve di San Lorenzo a Borgo San Lorenzo, a Montaceraia (Valcava in Val di Sieve), a Cupio (Legri in Vald’Arno verso Calenzano), a Canneto (Filettole di Val di Bisenzio), a Calenzano (pieve di San Donato), come spedale nel castello di Campi (Campi), a Luciano della Golfolina, Sant’Angelo a Lecore, come spedale a Ponte a Signa (Signa), a Castiglione (Cercina), a Castello con una compagnia omonima (Santo Stefano in Pane), a Ampinana (Corella in Mugello) ...

Parte di un foglio del repertorio del Catasto 1427 (pieve di San Piero in Mercato).


Paola Ircani Menichini, 24 aprile 2020. Tutti i diritti riservati.