La SS. Annunziata di Firenze

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IL CHIOSTRO GRANDE DELLA SS. ANNUNZIATA DI FIRENZE

Usciti di chiesa e tornati sotto il Loggiato, troviamo sulla nostra destra la porta che conduce nel Chiostro Grande.

Percorso un lungo andito dalla volta a botte, vediamo sopra l’arco che si apre sul Chiostro, il busto del Redentore affiancato dalla Giustizia e dalla Misericordia, opera del Poccetti. Sulla fronte opposta dell’arco, la corona di Puttini è del pennello di Matteo Rosselli.

Il CHIOSTRO

chiamato grande o dei morti, venne risistemato sul lato della chiesa da Michelozzo, e da altri terminato nel sec. XV. In seguito è certo che esso subì diverse trasformazioni fino a che non ebbe l’architettura attuale, che del disegno di Michelozzo conserva solo colonne e capitelli.

Di fronte al lato che fiancheggia la chiesa, abbiamo il refettorio dei frati, e la Cappella del Capitolo. Nei braccio nord, è il fabbricato più antico del Convento e la Cappella dei Pittori. La parte prospiciente la piazza e la via C. Battisti, ci ricorda invece molti episodi della vita politica e artistica di Firenze. Qui, il 2 giugno 1289, venne fatto cavaliere un frate del Convento, Francesco Malognani. prima che egli partisse per Campaldino (11 giugno) dove combattè lo stesso Dante Alighieri. Qui fu ricevuto, una settimana dopo la battaglia e la vittoria, il condottiero dell’esercito fiorentino. Amerigo di Narbona. Nella sommossa dei Ciompi (1378), questo locale servì al Comune per confermare l’investitura dei cavalieri creati dal popolo durante la rivolta (Ammirato, Istorie fiorentine, lib. XVII) Nello stesso ambiente lavorarono, per qualche tempo, Andrea del Castagno, Alesso Baldovinetti, Leonardo da Vinci.

Nel 1451 Michelozzo trasformava il piano superiore in una spaziosa e bella biblioteca della quale vediamo ancora le bifore, e rimangono le capriate dipinte, a sorreggere il tetto di questo lato del Convento. Oggi, purtroppo, di tale biblioteca non esistono più né locali (adattati a nuove esigenze nel 1573, nè il ricco deposito di codici e di libri, il quale, sfuggito alla soppressione napoleonica, fu incamerato dai governo italiano nel 1866.

Nel refettorio del convento, recentemente sono venute alla luce alcune parti delle sinopie con le quali Francesco Talenti e Giovanni Ghini esposero alla critica degli artisti e del popolo il rispettivo progetto dei pilastri e capitelli della cattedrale di Firenze (1358) (C. Guasti, S. Maria del Fiore).

L’orologio che vediamo su questa facciata dell’edificio risale al scc. XVI, anche se ha subito modifiche nei secoli successivi. La piccola campana porta la scritta AVE MARIA, e la data 1567.

Le venticinque lunette dipinte che ammiriamo sotto gli archi, sono dovute ad Andrea del Sarto, a Bernardino Poccetti, a Matteo Rosselli, al senese Ventura Salimbeni e al Padre Arsenio Mascagni dei Servi di Maria, i quali affrescarono la storia delle origini dell’Ordine della Madonna e alcuni fatti e miracoli dei sette Santi Fondatori: Bonfiglio Monaldi, Bonagiunta Manetti, Amadio degli Amidei, Manetto dell’Antella, Sostegno dei Sostegni, Uguccione degli Uguccioni, Alessio Falconieri. Questa narrazione pittorica non segue un ordine cronologico, essendo stata eseguita da più mani e in tempi diversi. Oltre al valore artistico, questi affreschi, acquistano una importanza particolare per la fedele rappresentazione del volto di Firenze del secolo XVII, nei suoi edifici e costumi.

Le prime tre lunette a sinistra sono di V. Salimbeni (1605): S. Manetto dell’Antella e il Pontefice Clemente IV (da notare il ritratto di Dante); Ampliamento di S. Maria di Cafaggio, Morte di S. Bonfiglio Monaldi, primo Generale dell’Ordine. La quarta lunetta è del Poccetti (1612): Morte di S. Bonagiunta Manetti. La quinta e la sesta furono dipinte da Matteo Rosselli (1614): S. Bonfiglio rassegna le dimissioni da superiore; Approvazione dell’Ordine dei Servi di Maria.

Continuando sul lato che segue troviamo ancora una lunetta del Salimbeni (1608), Visione di S. Filippo Benizi. Nell’ottavo affresco, il p. Mascagni (1625) ci racconta la leggenda del Volto della Madonna dipinto da un Angelo. La nona lunetta è dì M. Rosselli (1616): Innocenzo IV e il cardinale Fieschi protettore dell’Ordine dei Servi. Nel decimo affresco di A. Mascagni: Posa della Prima Pietra di S. Maria di Cafaggio, e nell’undicesimo, del Rosselli (1616):S. Manetto alla presenza del re di Francia.

Le sei lunette che seguono nel braccio nord del Chiostro Grande, sono affrescate da Bernardino Poccetti. Esse rappresentano, nell’ordine: l’Apparizione della Madonna al vescovo di Firenze e ai sette Fondatori; Fondazione del Monastero di Monte Senario; Il vescovo di Firenze assegna al nuovo Ordine la regola di S. Agostino; I sette fiorentini si ritirano a villa Camarzia; Vocazione alla vita eremitica; Nascita del nuovo Ordine nella Compagnia dei Laudesi.

La lunetta sopra la porta secondaria di entrata alla chiesa, è il capolavoro di Andrea del Sarto: La Madonna del Sacco. Fu dipinta nel 1525, e il pittore ‘’senza errori’’, seppe unire in equilibrio l’originalità della composIzIone con un certo realismo e una sensibilità nuova per il colore.

Sotto questa lunetta, a sinistra, il sepolcro di Chiarissimo dei Falconieri, parente di Santa Giuliana, e grande benefattore della Chiesa.

Anche le altre sette lunette lungo il lato della chiesa, sono affrescate dal Poccetti.

Esse ci presentano: Morte di S. Alessio Falconieri, S. Filippo Benizi converte due peccatrici; Morte dei SS. Uguccione e Sostegno; S. Uguccione alla presenza di Rodolfo I conte d’Asburgo; San Sostegno a Parigi davanti al re Filippo; S. Manetto rinunzia al governo dell’Ordine in favore di S. Filippo Benizi; S. Amadio degli Amidei risuscita un fanciullo annegato.

Sotto la quarta e la quinta lunetta di questo braccio del chiostro, è incastrato nel muro il monumento sepolcrale che racchiude ancora le ossa d’un guerriero morto a Campaldino (11 giugno 1289): Guglielmo di Durfort. Sappiamo dai documenti del tempo, che il cavaliere francese era ‘’balivo’’ e consigliere del condottiero dei fiorentini Amerigo di Narbona e prima di partire con lui in battaglia, mise nelle mani dei Servi di Maria ogni suo avere, in caso di morte, ed eleggendo come luogo di sua sepoltura la chiesa di S. Maria di Cafaggio.

Infatti Guglielmo di Durfort moriva combattendo per Firenze, e le sue vesti, armi e il suo denaro andarono ai poveri, alla chiesa dell’Annunziata e all’amico Amerigo di Narbona, come egli aveva stabilito. I fiorentini fecero dei funerali solenni ai guerriero francese morto per la loro città, e i Servi di Maria vennero da Lucca, da Pistoia, da Siena per pregare sulla sua tomba. A Campaldino, insieme a Dante, a Vieri dei Cerchi, a Corso Donati, a Guglielmo di Durfort, ad Amerigo di Narbona, almeno una decina di frati Servi Maria combatterono per la libertà e il predominio di Firenze in Toscana. Il codice Memorie dell’Annunziata ne nomina almeno cinque: Francesco Malognani, Ruggero da S. Frediano, Iacopo Rota, Benedetto Becchi, Pacifico; altri che li accompagnarono non sono ricordati.

Il monumento del cavaliere di Durfort presenta il guerriero, rivestito di maglia di acciaio e corazza gigliata, mentre si lancia nella mischia roteando la spada. Il fiordaliso di Francia e il giglio di Firenze, ricordano l’amicizia dei due popoli.

Dobbiamo ora parlare di tre importanti monumenti artistici che hanno il loro ingresso nell’angolo nord del Chiostro.

Cappella del Capitolo

Chiusa da una cancellata è la Cappella del Capitolo, così detta perché in essa i frati solevano tenere i loro raduni comunitari. Ma prima di avere questo nome essa era la cappella della Famiglia Macinghi, e fu costruita nel 1384. Nel 1722, su disegno di Giovacchino Fortini, fu portata allo stato attuale, e la decorazione e le pitture sono di Matteo Bonechi e del Puglieschi.

Nella parete dietro l’altare, dentro una ricca cornice intagliata e dorata, è un antico dipinto dei primi sette fondatori dell’ordine dei Servi di Maria, restaurato dopo l’alluvione del 1966.

Secondo Chiostro

La porta seguente ci introduce dal Chiostro Grande nel Secondo Chiostro. Di esso abbiamo notizie fin dal 1322, ma nel 1371 fu ricostruito in colonne di pietra serena e a due piani. Oggi, purtroppo, il Chiostro è murato e solo le colonne d’angolo sono state liberate.

In questo Chiostro sono da notare due affreschi di Francesco Montelatici detto Cecco Bravo, la Carità e la Speranza, che si trovano ai lati della nicchia dove un tempo era la statua della Vittoria (ora al Museo Nazionale del Bargello) scolpita dall’Ammannati. Al presente nella nicchia è la grande statua policroma di S. Filippo Benizi, intagliata da Luca Boncinelli per la canonizzazione del Santo (1671).

Inoltre, sulle pareti del lato nord, sono stati ritrovati frammenti d’affresco sulla vita di S. Agostino, dipinti da Stefano d’Antonio nel 1480. Nelle scale che portano all'interno del convento due lunette presentano un'Annunciazione in terra verde, opera di Giovanni di Cornelio tedesco nel 1481.

Cappella dei Pittori o di San Luca

Tornati nel Chiostro Grande, abbiamo sotto la seconda lunetta di questo braccio, l’ingresso alla Cappella dei Pittori. Questa cappella è legata ai nome dello scultore fiorentino dell’Ordine dei Servi di Maria, Giovannangelo Montorsoli, il quale, continuando la tradizione del suo Convento nell’assistenza agli artisti, diede nuova vita alla Compagnia del Disegno, destinandole come sede questo locale che era stato, in antico, sala Capitolare dei frati. lì suo pensiero fu accolto con entusiasmo e comprensione sia dalla Comunità, sia dagli amici artisti: il Vasari, l’Ammannati, Francesco da San Gallo e Michele Ghirlandaio.

lì Montorsoli, restaurata la cappella a proprie spese, la inaugurava nel 1562 alla presenza di quarantotto tra pittori, scultori e architetti che avevano dato il proprio nome alla risorta Compagnia. La cappella fu dedicata alla SS. Trinità di cui vediamo a destra l’affresco (1571) eseguito da Alessandro Allori. Sotto questo affresco era in origine l’altare, e dalla parte opposta si apriva l’entrata che dava nel secondo Chiostro. Fu Eustachio Osrnond, vescovo di Nancy, e mandato a Firenze da Napoleone come arcivescovo che, essendosi presa una parte del Convento per sua abitazione, e la Cappella dei Pittori per cappella privata, fece chiudere l’ingresso primitivo e ne apri uno (il presente) nel Chiostro Grande. Al posto dell’antica entrata, che era nel Secondo Chiostro, fu in seguito messo l’affresco del Pontormo, La Vergine e Santi (qui venuto dall’antica chiesa di San Ruffillo, ora demolita), e l’altare passò sotto l’affresco del Vasari, S. Luca che dipinge la Vergine. Il gradino della mensa è attribuito all’Empoli: Annunciazione, Ultima Cena, Pentecoste e due gruppi di Santi.

Nella parete di fronte all’altare, Santi di Tito, di cui vediamo l’autoritratto nella figura vestita di rosso, dipinse la Fabbrica del Tempio di Salomone (secondo alcuni: Costantino che presiede alla prima costruzione delle basiliche cristiane); mentre il quadro della volta, la Vergine e S. Bernardo, è di Luca Giordano (1685).

Le statue intorno alta cappella sono state restaurate dopo l’alluvione del 1966. Sappiamo che il Montorsoli, frate del convento dell’Annunziata, modellò il Mosé e il S. Paolo (1536), e che del suo confratello Vincenzo Casali era un S. Giovanni Evangelista. Di un altro scultore servita, Giuseppe Salvetti, è il David (1719). Per le altre statue c’è una certa difficoltà di attribuzione. In ogni modo le presenti servono anche oggi da simbolo ad indicare una delle tre Arti del disegno, la scultura. In questa cappella, celebri artisti delle tre Arti ebbero la loro sepoltura. Infatti al centro del pavimento, una lapide marmorea che porta scolpiti gli strumenti simbolici del Disegno, mostra il luogo ove sono sepolti il Pontormo (le cui spoglie vennero portate qui dal chiostro della Madonna, nel giorno della inaugurazione della cappella, la festa della Trinità, 1562), lo stesso Montorsoli, il Franciabigio, il Cellini, il Bartolini ecc. Anche l’arte della Musica é presente nella cappella con il pregevole organino di Tommaso Fabbri da Faenza (1702).

Uscendo, soffermiamoci nel piccolo ambulacro che serve da sagrestia. Il bassorilievo, Madonna con Bambino e Angeli, é il calco di un originale scolpito da Agostino di Duccio, opera che qui si trovava prima di essere trasportata al Museo Nazionale del Bargello.

Nella piccola lunetta, sull’ingresso della cappella, il S. Giovanni Evangelista, è una terracotta di scuola robbiana. Il Cristo ligneo è opera di Francesco da San Gallo.

La sinopia con Vergine in trono e Santi fu trovata dietro l’affresco de Pontormo, nel distacco e restauro che questo subì dopo l’alluvione. Essa sembra sia da attribuirsi a Raffaellino del Garbo.

Uscendo dal Chiostro grande, nell’andito a destra è la Sagrestia della Madonna. Fu costruita nel 1635 da Alessandro e Antonio di Vitale dei Medici, e serviva a custodire paramenti, arredi, argenteria della cappella dell’Annunziata. Il progetto fu di Matteo Nigetti che fornì il disegno dei grandi armadi di noce della bellissima porta intagliata con simboli che si riferiscono alla Vergine. Sulla parete superiore interna del muro dove fu praticata la porta è stata rimessa in luce una Madonna e Bambino, con decorazione di broccato rosso, gigli e fregi d’oro. L’immagine, molto ritoccata, sembra appartenere alla maniera del Baldovinetti. Sull’altare è una tavola di Iacopo Vignali, l’Assunta con S. Vitale, S. Alessandro e S. Gregorio; sulla parete destra un affresco di Cecco Bravo.

Oratorio di S. Sebastiano

Tornati sotto il loggiato, la porta a destra dell’entrata centrale ci conduce nell’oratorio di S. Sebastiano. Questa cappella fu eretta dalla famiglia Pucci nel 1452 su progetto di Michelozzo. Il corpo della chiesetta e l’arco divisorio delle volte non hanno subito trasformazioni. Il presbiterio invece fu rifatto nel 1608 su disegno di Giovanni Caccini e terminato da Gherardo Silvani. La volta è affrescata dal Poccetti, le tele sono del Paggi e del Lomi, e le due statue, del Novelli. Sull’altare, la Natività di Maria è copiata dal Cigoli.